FRANCESCA ROMANA ROSSI

CONOSCIAMO GLI ARTISTI
Illustratrice & UI/UX Designer romana, belga di adozione.
Le linee delle sue opere giocano un ruolo labirintico, puoi vederne l’inizio e non la fine, le ripercorri come se stessi leggendo una storia, forse la tua storia?

INK. | We Love Art & Fashion | Artisti - Francesca Romana Rossi

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Se dovessimo presentarti come artista in 3 parole, di te dovremmo dire...
Sono senz’altro una persona “empatica”, ascolto ed assorbo tutto ciò che riesco a captare; potrei dire “determinata”, materializzo sempre visivamente il risultato finale, così nel disegno come nella vita, e nonostante a volte sia frustrante, sento comunque la necessità di dover raggiungere, quasi sempre, l’obiettivo desiderato; infine concluderei con “nostalgica”, mi capita di guardare troppo al futuro e tanto al passato, a volte disegno situazioni che non vivo più da molto, altre volte disegno ciò che vedo potrebbe accadere, è difficile che io sia nel presente, quando mi ci trovo, confesso, vivo come uno strano stato di privazione, come se qualcosa mancasse, ma riesco comunque a godere e a gioire di quello che ho, perché trovo davvero importante il riuscire ad apprezzare quello che si possiede.

Qual è la tua tecnica?
La mia tecnica è l’illustrazione digitale, utilizzo pennelli digitali di ogni tipo ma adesso mi sto avvicinando ancor di pià alla sintesi dell’astrattismo. Il meglio di me lo do attraverso la pittura, che richiede sicuramente maggiore tempo libero e maggiore organizzazione nel pratico.

Qual è il pensiero nelle tue creazioni?
Quando solitamente creo immagino lo stupore di chi vedrà quello che sto per fare, ed immagino le faccio curiose di chi cercherà di interpretarle, quelle schifate di chi non le vuole conoscere, insomma, il mio pensiero principale, il mio scopo chiamiamolo, è quello di generare emozioni. A volte la mano, trascinata dalla matita, guida me, altre volte c’è un pensiero fisso, un’immagine stampata nell’ipotalamo che ha bisogno di uscire, ed io assecondandola, le do lo spazio che merita. Lì, nero su bianco.

Cosa ti stimola creativamente?
Parlare e provare. Ti chiederai perché di queste due parole, beh, comunicando con il mondo esterno, con le persone, impari molto. Impari da loro, a volte sei tu a donare qualcosa di te, ma tutte quelle situazioni strane in cui ci si può ritrovare, come ad esempio davanti ad un buon vino, in riva al mare, dentro ad un treno, alla stazione, a casa di un’amico ormai lontano, ecco, questi sono i momenti che contano. Assorbi come una spugna e trascini come le onde. “Provare” perché se non provi determinate cose non puoi parlarne, quindi faccio strada ai miei istinti, quando la paura viene a galla la anestetizzo e provo. Mi fa sentire viva. Esperienza dopo esperienza. E poi? Poi lo disegno.

Tra le varie tecniche che utilizzi per sperimentare, quale prediligi e quali di queste ti soddisfa maggiormente?
L’arte digitale, con l’ausilio delle nuove tecnologie, ti permette di speriementare ed hai maggiori possibilità di arrivare al risultato che desideravi in tempi brevi. Ma se devo essere onesta non ho ancora una preferenza. A volte sento davvero la necessità di staccarmi dagli schermi e dipingere, che sia una tela, un vaso, un taccuino. E la sensazione che provi a lavoro finito è magnifica.

Quali sono gli artisti che maggiormente ti hanno influenzato e che più ammiri?
Senza alcun ombra di dubbio Magritte. Sono appassionata dell’arte astratta, ma prima di arrivare a questo punto sono passata per le vie dell’Espressionismo con Monet. Quel voler a tutti costi afferrare l’attimo da parte di quest’ultimo, mi ha sempre affascinata, come lui anche tanti del suo movimento pittorico. Magritte, beh, fu amore a prima vista, ho capito che nell’interpretazione di un disegno era nascosta la chiave per riconoscere se stessi. Ogni significato che dai a quelle forme è effimero, perché la sua arte figurativa è dubbio. Quanto è affascinante il dubbio? Spaventa, eccita, fa muovere le costellazioni.

Cosa ti piace di Ink. e perché hai deciso di partecipare al progetto?
È un progetto affascinante ed il suo fascino sta nel nome stesso, Inkonskin. Un nome, una visione, basata nell’identificazione dell’”inchiostro sulla pelle”, traducibile in “voler imprimere qualcosa”, “lasciare un segno”, in questo caso da indossare e non sulla pelle, ma in fin dei conti quello che indossiamo è la nostra seconda pelle. Si dedicano con passione alle loro creazione, questo lo si può vedere dalla cura per i dettagli, dalla scelta dei tessuti ma soprattutto, l’aspetto più umano, lo troviamo nel lasciare spazio ad artisti emergenti proprio come me. Quando c’è il cuore si sente e chi riesce a trasmetterti i propri valori in maniera candida, è da stimare.

Qual è il pensiero della tua opera realizzata per Ink.?
La mia opera è un gomitolo di linee facilmente identificabili in forme astratte di persone ed organi, come ad esempio, in questo caso, il cuore. Volevo disegnare l’esperienza umana del rapporto con le altre persone, una donna, due uomini. Oppure due donne, un uomo. Ognuno di noi può vedere ciò che vuole, può immedesimarsi in quella situazione, viverla, sentirla, indossarla e farla sua. Le linee giocano un ruolo labirintico, puoi vederne l’inizio e non la fine, le ripercorri come se stessi leggendo una storia, forse la tua storia? Quello che vorrei trasmettere a chi le osserva è curiosità, immedesimazione, vorrei portare i ricordi a galla. Fare galleggiare lo spettatore nel proprio mare di ricordi ed intenzioni. Penso che sia magico.

Un consiglio spassionato ai giovani artisti: quale l’ingrediente fondamentale?
Essendo una giovane artista anche io non mi sento in dovere di dare consigli a chi si sta facendo strada per arrivare ad essere considerato “artista”. Sicuramente è una strada difficile, soprattutto oggi che sono tanti i mezzi in cui poter mostrare chi si è veramente, ma la visibilità è oscurata da tanti fattori negativi che non ti permettono di arrivare in cima. Quello che posso dire è non smettere mai di crederci, anche quando nessuno crede in te tu. L’arte è diventata bersaglio di opinioni irriflessive e mancanza di passione, quindi tu persevera, continua a scalare anche quando i macigni ti cadono vicino o ti colpiscono, se fa male accogli quel dolore e trasformalo in qualcosa di poetico. Ovviamente non bisogna sottovalutare l’importanza di prefissarsi dei piccoli obiettivi raggiungibili, solo così arriverai, passo dopo passo, alla meta.

Raccontaci della tua ultima esibizione/mostra o quella che più ti sta a cuore tra tutte durante il tuo percorso artistico.
Lo scorso Gennaio 2019 ho avuto l’idea di creare un workshop dal titolo “Lasciamo un Segno” all’Accademia di Ungheria, a Roma. Per il workshop ho chiamato alcuni miei illustri colleghi che stimo molto, per aiutarmi nel creare qualcosa di davvero speciale. Durante il workshop abbiamo ripercorso assieme ai partecipanti le tappe più importanti della storia dell’arte. Ho spiegato loro quanto la forma della donna era studiata all’epoca e quanto la forma astratta sia importante per esprimere dei concetti sintetizzandoli. Lo scopo principale dell’evento, infatti, fu quello di creare insieme ai ragazzi delle card illustrate in cui l’oggetto del disegno fosse la donna nelle sue differenti forme. Il seno ne era il protagonista poiché il progetto nacque per creare qualcosa che poteva coinvolgerci emotivamente, all’insegna dell’unione e del sostegno, supportando le donne che ogni giorno lottano contro il cancro al seno. Tutte le card create dai ragazzi sono state vendute ed il ricavo è stato devoluto alla Fondazione Umberto Veronesi, nostro partner dell’evento. Dato il successo riscosso, le persone di ogni età che hanno partecipato, provenienti da ambiti totalmente diversi le une dalle altre, i feedback che hanno dato, è stato davvero emozionante e mi ha riempito il cuore di gioia. Il mio sogno è portare questo progetto in tutte le città italiane.

Vuoi rivelarci un anteprima dei prossimi eventi a cui parteciperai?
Adesso sono in atto alcune collaborazioni molto interessanti, sono curiosa di vedere cosa ne uscirà fuori ma non posso spoilerare nulla. Quello che sto cercando di fare, dal Belgio, paese in cui sto temporaneamente vivendo, è una mostra interattiva, tattile. Spero di riuscire a portare a termine questo obiettivo in tempi non troppo lunghi. Ma tutto ciò che riguarda la creazione di qualcosa, come sappiamo, richiede molto tempo.